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Dopo un’attesa di circa 100 giorni, il Governo è sul punto di promulgare il decreto attuativo del piano Transizione 5.0. La bozza, inviata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy per l’approvazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, potrebbe subire delle attuali modifiche, ma nonostante ciò, con i suoi 23 articoli e 3 allegati risponde a molte delle domande che ci siamo posti fino a ora.
Abbiamo riassunto tutto per voi in questo articolo. Ecco l’indice degli argomenti trattati:
1- Chiarimenti sulle definizioni
3- Una sola pratica, il plafond annuale e le esclusioni legate al DNSH
Il decreto parte chiarendo il concetto di “impresa di nuova costituzione” che viene definita sia come un’entità che può avere iniziato l’attività o modificato significativamente i propri prodotti o servizi meno di sei mesi prima dell’inizio del progetto che porterà alla Transizione 5.0
Quindi, sia le nuove imprese che quelle che hanno modificato sostanzialmente prodotti e servizi da meno di sei mesi, dovranno far riferimento a uno scenario controfattuale anziché alla misurazione dei consumi registrati nell’anno precedente, per la misurazione del risparmio energetico conseguito.
Ulteriori delucidazioni sono state date sul concetto di “struttura produttiva” e “processo interessato” che, come ben sappiamo, sono soggetti a aliquote differenti per il calcolo del risparmio.
La struttura produttiva è descritta come un sito che può comprendere più unità locali o stabilimenti, finalizzato alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, con capacità di gestire l’intero ciclo produttivo o parte di esso. Il processo produttivo è invece un insieme di attività integrate nella catena del valore che trasformano input in prodotti o servizi.
Il Piano Transizione 5.0 è valido dal 1 gennaio 2024 al 31 dicembre 2025. La data del primo impegno giuridicamente vincolante ad ordinare i beni in oggetto deve essere successiva la 1 gennaio.
Per quanto riguarda la conclusione degli investimenti è stata effettuata la seguente distinzione:
La comunicazione ex post, invece, dovrà essere inviata entro il 28 febbraio 2026.
Una delle novità più importanti portate dal decreto attuativo del Piano Transizione 5.0 è il limite di una sola pratica alla volta per azienda. Nel caso in cui il progetto faccia riferimento a due o più processi, occorrerà usare come riferimento l’intera struttura produttiva.
Una volta che, per la prima pratica sarà inviata la comunicazione ex post e si riceverà l’ok/rinuncia/ decadenza del GSE l’azienda potrà avviare una nuova pratica.
Stando alla bozza del decreto il limite dei 50 milioni è annuale.
Per consentire alle imprese di fruire al massimo del doppio plafond per il biennio, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha pensato di consentire alle imprese di considerare chiuse al 31/12/2024 anche le pratiche che si concluderanno entro il 30 aprile 2025, a condizione che entro il 31/12/2024 sia stato versato un acconto pari almeno al 50% dell’ammontare degli investimenti. Il MIMIT e il MEF stando ancora discutendo su questo punto.
Per le attività che fanno parte del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS), sono previste due tipologie di esclusioni.
Da una parte, si permettono investimenti in attività che non influenzano direttamente i consumi energetici legati a flussi di fonte monitorati nel piano di controllo della CO2 aziendale. Dall’altra, le attività incluse nel piano di monitoraggio possono essere approvate a condizione che le emissioni di gas serra dirette previste al termine del progetto di innovazione siano inferiori a quelle registrate nell’anno precedente l’inizio del progetto, considerando anche le variazioni di volume produttivo e le condizioni esterne che influenzano le emissioni. Tuttavia, gli investimenti in impianti che superano l’80esimo percentile per intensità emissiva rimangono esclusi.
Inoltre, per quanto riguarda le esclusioni relative alla produzione di rifiuti speciali, è prevista un’eccezione simile: sono permessi i progetti Transizione 5.0 che non incrementano i rifiuti speciali pericolosi generati per unità di prodotto, o che riguardano siti industriali i quali non producono più del 50% del loro totale in peso di rifiuti speciali pericolosi destinati allo smaltimento.
Il calcolo del risparmio energetico si effettua confrontando la stima dei consumi energetici annuali potenziali, derivanti dagli investimenti totali in beni materiali e immateriali nuovi specificati nell’articolo 6, con i consumi energetici registrati nell’anno precedente all’inizio del progetto di innovazione. Tale confronto considera sia la struttura produttiva che il processo interessato dall’investimento. La riduzione dei consumi energetici viene quantificata rispetto allo stesso bene o servizio fornito, normalizzando i dati in base ai volumi di produzione e alle condizioni esterne che influenzano le prestazioni energetiche. Questo viene fatto identificando specifici indicatori di prestazione energetica che caratterizzano la struttura o il processo investito.
Qualora il progetto di Transizione 5.0 coinvolga più processi produttivi, sarà necessario riferirsi ai consumi energetici dell’intera struttura produttiva.
Se mancano dati energetici diretti per una misurazione precisa, i consumi energetici relativi all’anno precedente l’inizio del progetto di innovazione vengono stimati attraverso un’analisi dei carichi energetici basata su dati tracciabili.
Per le imprese di nuova costituzione, che non dispongono di un riferimento reale preesistente, è necessario definire uno scenario controfattuale.
Il decreto stabilisce che l’impresa deve identificare, per ciascun investimento nei beni indicati nell’articolo 6, almeno tre alternative disponibili sul mercato degli Stati membri dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo negli ultimi cinque anni prima dell’inizio del progetto di innovazione.
Dopo aver selezionato i tre beni alternativi, che idealmente rappresentano quelli con i consumi energetici più elevati, si calcolerà la media dei consumi energetici annui medi di questi beni per ciascun investimento. Sommando le medie ottenute per ogni bene investito, si formulerà lo scenario controfattuale, che servirà come benchmark per calcolare il risparmio energetico effettivo dell’investimento.
Ad esempio, consideriamo un processo che utilizza un singolo macchinario. Ipotizziamo che le tre macchine alternative consumino rispettivamente 390, 400 e 410 MWh all’anno. La media di consumo sarà quindi 400 MWh. Se il macchinario scelto per il nostro progetto consuma 350 MWh, ciò si tradurrebbe in un risparmio energetico di 50 MWh, ovvero il 12,5%.
Nel caso di un processo che coinvolge più macchinari, sarà necessario applicare lo stesso metodo a tutti i macchinari coinvolti e calcolare il risparmio complessivo per l’intero processo.
Le future linee guida dovrebbero includere ulteriori dettagli e esempi per coprire una varietà di casi.
Nel contesto delle energie rinnovabili, il decreto specifica che le spese ammissibili all’incentivo includono, oltre ai moduli fotovoltaici e ai sistemi di accumulo già menzionati nel decreto legge, anche i servizi ausiliari e i trasformatori. Questi includono gruppi di generazione dell’energia elettrica, servizi ausiliari di impianto, trasformatori situati a monte dei punti di connessione alla rete elettrica e i misuratori di energia elettrica essenziali per la produzione energetica, nonché gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta.
Il dimensionamento di questi impianti è calcolato in modo da non superare il 5% oltre il fabbisogno energetico della struttura produttiva, quindi non più del 105% del fabbisogno totale. Inoltre, è essenziale che i beni siano collegati alla rete dei produttori di energia entro un anno dal completamento del progetto di innovazione.
Il decreto include anche una tabella nell’allegato 1 che facilita la conversione delle unità di misura delle varie fonti rinnovabili in tonnellate equivalenti di petrolio (TEP). In seguito a una modifica normativa principale introdotta durante il processo di conversione in legge del Decreto Legge 19 del 2 marzo 2024, il decreto stabilisce anche i limiti economici per l’accesso agli incentivi per l’autoconsumo rinnovabile e i sistemi di accumulo.
Per i sistemi di accumulo, l’importo riconosciuto è di 900 € per kWh. Ad esempio, un sistema di accumulo da 100 kWh acquistato per 100.000 euro può essere ammesso per un valore massimo di 90.000 euro. Per quanto riguarda i sistemi di generazione, il decreto prevede una tabella che classifica i sistemi sia per tipologia di fonte rinnovabile sia per dimensioni dell’impianto.
Nel settore della formazione, legato agli altri investimenti stimolati dal decreto, emergono importanti innovazioni. È stato definito un elenco di attività ammissibili, suddiviso in due categorie: una riguarda la formazione su temi della transizione ecologica e l’altra sulla transizione digitale.
I programmi formativi devono estendersi per un minimo di 12 ore e includere obbligatoriamente almeno un modulo di quattro ore su una delle seguenti tematiche:
Deve essere inoltre presente un modulo di formazione di almeno quattro ore su uno dei seguenti argomenti:
Le spese ammissibili per la formazione includono:
Queste disposizioni mirano a garantire una formazione approfondita e specifica, supportando la transizione verso pratiche aziendali più sostenibili e digitalizzate.
Per ottenere il beneficio, l’impresa deve inviare al GSE una comunicazione preventiva all’inizio del progetto di innovazione. Questa comunicazione deve includere tutte le informazioni essenziali per identificare il beneficiario e il progetto, incluse le date di inizio e di completamento, gli investimenti che possono beneficiare di agevolazioni e l’ammontare stimato del credito d’imposta, oltre alla necessaria certificazione ex ante.
Entro cinque giorni, il GSE verifica la correttezza e la completezza dei dati e informa l’impresa dell’importo del credito d’imposta riservato, sempre entro i limiti delle risorse disponibili. Se emergono carenze o errori nei dati o nei documenti, il GSE richiede integrazioni entro dieci giorni e, se adeguatamente risolti, conferma l’importo del credito d’imposta riservato entro altri cinque giorni.
Se le risorse necessarie non sono immediatamente disponibili, la comunicazione preventiva rimane valida. Non appena le risorse diventano disponibili, il GSE notifica l’impresa, che deve confermare i dettagli della comunicazione preventiva entro dieci giorni. Il GSE poi finalizza l’importo del credito d’imposta riservato entro cinque giorni dalla conferma.
Dopo la conferma della prenotazione del credito, l’impresa è tenuta a inviare aggiornamenti periodici sull’avanzamento del progetto. Il primo aggiornamento deve essere inviato entro trenta giorni dalla notifica dell’importo del credito d’imposta prenotato, comunicando di aver coperto almeno il 20% del costo di acquisizione dei beni.
Una seconda comunicazione deve essere effettuata entro il 31 dicembre 2024 per confermare il pagamento di almeno il 50% del costo di acquisizione, assicurando che il progetto si inserisca nel plafond del 2024 se dovesse concludersi entro il 30 aprile 2025.
Il GSE, ricevuti gli aggiornamenti periodici, verifica entro cinque giorni la correttezza dei dati e la completezza della documentazione e conferma l’importo del credito d’imposta prenotato o, se necessario, un nuovo importo ridotto. In caso di errori o documenti incompleti, l’ente richiede correzioni che devono essere fornite entro dieci giorni.
Una volta completato il progetto di innovazione, e comunque non oltre il 28 febbraio 2026, l’impresa deve inviare una comunicazione finale con tutti i dettagli necessari per identificare il progetto completato, compresa la data di effettivo completamento, l’ammontare degli investimenti ammissibili e l’importo del credito d’imposta, insieme ad ulteriori certificazioni.
Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione finale, il GSE verifica i dati e la documentazione e comunica all’impresa l’importo del credito d’imposta utilizzabile in compensazione, che non deve superare l’importo prenotato. Se emergono errori o mancanze, sono richieste integrazioni supplementari.
Decorsi altri dieci giorni, il credito d’imposta diventa utilizzabile, esclusivamente in compensazione, immediatamente o a rate fino al 31 dicembre 2025. L’importo non utilizzato entro questa data deve essere ripartito in cinque quote annuali di pari importo.
Se le comunicazioni o le integrazioni necessarie non vengono inviate nei termini stabiliti, la procedura per l’ottenimento del credito d’imposta non si completa.
Infine, come già menzionato, la comunicazione preventiva può essere inviata solo per le strutture produttive che non hanno altri progetti di innovazione in corso o che hanno già completato progetti precedenti con credito d’imposta già comunicato dal GSE: la regola è una pratica alla volta.
Il decreto legge originario riconosceva come abilitati alla certificazione tecnica solo gli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE), certificati da un organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11339, e le Energy Service Company (ESCo), certificate secondo la norma UNI CEI 11352.
Tuttavia, il decreto attuativo estende l’elenco dei soggetti autorizzati a rilasciare certificazioni includendo gli organismi di valutazione della conformità accreditati secondo i seguenti standard di accreditamento vigenti:
Inoltre, sono qualificati anche gli ingegneri registrati nelle sezioni A dell’albo professionale che possiedono i seguenti titoli di studio:
I primi due gradi sono di laurea triennale, mentre gli altri sono lauree magistrali.
Questi soggetti devono soddisfare i criteri di professionalità, indipendenza, imparzialità e onorabilità, e dichiarare di non essere in situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale, secondo la normativa vigente, e di non avere condanne penali.
Riguardo alla perizia per la parte 4.0, è necessario attestare che le caratteristiche tecniche dei beni rientrino negli elenchi degli allegati A e B della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e che siano interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. La verifica può avvenire attraverso perizia o attestazione di conformità per valori superiori ai 300.000 euro, o mediante autodichiarazione del legale rappresentante se il valore dei beni è inferiore.
Il perito che valuta la componente dei beni “4.0” può essere la stessa persona che gestisce la pratica relativa al progetto di innovazione, purché abilitata a farlo.
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